Maria d’Enghien

Maria d’Enghien (1367 – 1446) Nel 1268 con la Battaglia di Tagliacozzo le proprietà degli Svevi furono affidate a principi francesi fedeli al sovrano angioino. La Contea di Lecce verrà governata prima dalla famiglia dei Brienne e poi da quella degli Enghien. FiMariadEnghien_1gura chiave nel passaggio da una dinastia all’altra è il personaggio di Maria, ricordata a Lecce, ma anche altrove, con affetto e benevolenza. Un grande modello di donna, sposa devota, madre affettuosa, oltre che contessa, regina, guerriera, mecenate e avveduta amministratrice della giustizia e della cultura salentina. L’unico ipotetico ritratto della contessa individuato si trova negli affreschi della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, da lei commissionati.   Nipote di Isabella di Brienne, nacque da Giovanni d’Enghien, conte di Lecce, e da Sancia (Bianca) Del Balzo dei duchi d’Andria. Nel 1384, a soli 17 anni, a causa della morte del fratello Pietro, divenne Contessa di Lecce. Nei contrasMariadEnghien_2ti che sconvolgevano il Regno di Napoli, Maria decise di schierarsi contro il re Carlo III d’Angiò Durazzo, dalla parte di Luigi I d’Angiò, Re di Francia. Quest’ultimo volle darla in sposa ad un suo fidato alleato. Fu così che nel 1385 sposò Raimondo Orsini Del Balzo, anche conosciuto come Raimondello, conte di Soleto e Principe di Taranto. Le proprietà dei due sposi, grazie soprattutto ai territori che la contessa portò in dote, arrivarono a comprendere le attuali province di Taranto, Brindisi e Lecce, unificando l’intero Salento in uno dei feudi più grandi e importanti d’Italia. La coppia ebbe quattro figli: Maria, Caterina, Giovanni Antonio e Gabriele. Raimondello morì nel 1406 durante l’assedio di Taranto da parte di Ladislao di Durazzo. MariadEnghien_3Rimasta vedova nel 1406, Maria subì a Taranto l’assedio posto dal re di Napoli Ladislao I d’Angiò, detto il Magnanimo. Maria guidò la resistenza della città ma dopo alcuni mesi accettò la proposta della diplomazia nemica e sposò Ladislao nel 1407 nella cappella di San Leonardo del castello aragonese di Taranto. Nonostante i suoi alleati le consigliassero di rifiutare il matrimonio, data la precoce e misteriosa morte delle precedenti mogli di Ladislao, Maria rispose “non me ne curo, ché se moro, moro da regina”. Avvenute le nozze si recò quindi, da regina, a Napoli. Qui, nonostante fu ben accolta dalla cittadinanza, non ebbe rapporti sereni con il marito e fu costretta a convivere con le numerose amanti di lui. Morto Ladislao nel 1414, il regno passò alla cognata Giovanna II, a lei avversa, che arrivò crudelmente ad imprigionarla. Liberata successivamente da Giacomo della Marca, nel 1415, tornò in possesso della contea di Lecce ed ottenne nel 1420 il principato di Taranto per il figlio Giovanni Antonio. MariadEnghien_4Durante questi anni Maria fu sempre accanto al figlio e se egli poté interessarsi totalmente degli avvenimenti bellici ciò gli fu permesso grazie alla diplomazia e al prestigio che la regina mostrò nella guida politica e amministrativa del suo “regno nel regno”. Trascorse gli ultimi anni della sua vita dedicandosi al suo popolo, ad opere d’arte e di fede e morì a Lecce il 9 maggio 1446, dove fu sepolta con grandi onori e fasto nell’antico monastero di Santa Croce, in un catafalco con un’arca mortuaria che riproduceva Maria e che contornava l’immagine della bella contessa con i simboli delle quattro virtù cardinali e delle tre virtù teologali, quasi a tramandare ai posteri non solo l’immagine del suo piacevole aspetto fisico, ma anche e soprattutto le sue doti di instancabile propugnatrice di fede e carità cristiane. MariadEnghien_5Al periodo del ritorno di Maria a Lecce, viene collocato il riordino delle attività economiche e amministrative della città, con l’emanazione il 14 luglio 1445 degli Statuta et capitula florentissimae civitatis Litii. Il “Codice di Maria d’Enghien” è un manoscritto che raccoglie disposizioni normative, regolamenti amministrativi e fiscali relativi alla città di Lecce e alla sua Contea. Questi ordinamenti rappresentano una ricca testimonianza documentaria della realtà economica e sociale e della cultura del tempo poiché si tratta di un vero corpus normativo civico in cui sono riuniti tutti i documenti, in latino e volgare, legati all’attività legislativa svolta dalla stessa contessa nell’ambito della vita amministrativa del capoluogo della Contea di Lecce. Il codice è oggi conservato nell’Archivio di Stato di Lecce.