Vita quotidiana

E’ giusto chiedersi se anche le contadine, le cittadine e le madri di famiglia, nel periodo da noi considerato, fossero considerate come le nobildonne o le monache. Certamente nessun poeta ha dedicato loro poesie d’amore nè potevano aspirare a particolari carriere come accadeva all’interno dei monasteri. Tuttavia è sorprendente notare come proprio nel periodo da noi considerato, per la prima volta le donne potevano votare nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali. Questo diritto, per le donne, è stato faticosamente riconquistato solo intorno alla metà del secolo scorso… Da atti notarili veniamo a sapere che le donne agiscono per conto proprio, acquistano e gestiscono negozi, pagano le imposte, svolgono mestieri che solo oggi riteniamo adeguati anche ad una donna: nel pieno Medioevo troviamo maestre, farmaciste, donne medico, miniaturiste, rilegatrici di codici, tingitrici, gessaiole.   Di gran rilievo era anche l’attività delle donne nel campo della medicina, ma l’ovvio campo in cui spadroneggiavano era l’ostetricia. Già dalla fine del XIII secolo molte città garantivano un’assistenza sanitaria di medici e ostetriche, essi in cambio ricevevano esenzioni fiscali, servizi di vigilanza e fornitura di legna da ardere. Non di rado le donne venivano impiegate come manovali, venivano retribuite a giornata e rappresentavano la forza lavoro più a buon mercato perché naturalmente costavano di meno dei colleghi maschi. Di fatto verso la fine del Medioevo la concorrenza femminile sul lavoro divenne così fastidiosa che si fece di tutto per escludere le donne dalle corporazioni: venivano pagate di meno e fatte lavorare di più, venivano criticate e allontanate dal lavoro per banali motivi.   Le donne appartenenti alle classi sociali più umili conducevano una vita abbastanza simile tra loro le uniche differenze riscontrabili riguardano le mansioni lavorative svolte durante la giornata. Il lavoro era importantissimo, assolutamente non trascurabile, i bambini già da tenere età erano impiegati nelle faccende domestiche e agricole per aiutare la famiglia. Le contadine aiutavano i loro mariti e familiari nei campi, inoltre accudivano i piccoli animali domestici e dovevano lavorare per il signore nel fabbricato della villa o del castello. Serve, schiave o colone che fossero, le donne erano molto sfruttate. Erano obbli­gate a sposarsi nella cerchia dei servi o dei dipendenti del si­gnore e i loro figli erano di proprietà di quest’ultimo   Sempre alle donne spettava la cura della casa; pensare al fuoco, accenderlo richiedeva molto tempo e risultava essere un’operazione molto complessa. Una volta ottenuto il fuoco era necessario mantenerlo. Il recupero dell’acqua, altro compito prettamente femminile, era davvero molto difficoltoso. Le classi sociali più privilegiate avevano un pozzo a disposizione da cui attingere; il popolo invece doveva ricorrere alle fontane pubbliche o ai pozzi comuni che si trovavano in città o nelle campagne. Ogni tipo di faccenda era quindi infinitamente più faticosa e complessa, anche la preparazione di un semplice pasto, costituito quasi sempre da una zuppa, richiedeva una lunghissima preparazione a partire appunto dall’allestimento del fuoco e dal rifornimento dell’acqua.   Fra i tanti compiti delle donne del feudo c’era la tosatura delle pecore. La lana sudicia veniva lavata, poi  filata con un fuso e rocca e tessuta al telaio. Le donne dovevano occuparsi inoltre di raccogliere la canapa e gli steli di lino. Le serve inoltre dovevano tingere le stoffe tessute con il guado (un fiore giallo dalle cui foglie si otteneva un colore azzurro), la robbia (per il suo rosso  fulvo), il cinabro (per il rosso vermiglio ) e, infine, confezionarle.  In poche parole, tutto il lavoro, dalla tosatura alla veste finita, passava per le loro mani. Queste tessitrici, costrette a un lavoro senza sosta, avevano molte superstizioni relative all’ordito che si imbrogliava e agli scongiuri e alle penitenze che bisognava fare per salvare la pezza tessuta (per esempio venti giorni di digiuno). Quando qualcuna moriva, gettavano nella cassa i pettini per cardare la lana, con la convinzione che passando ad un’altra lavorante, non avrebbero più funzionato.   Nel XIII secolo i conventi femminili erano sempre stati centri di preghiera, ma al tempo stesso di dottrina religiosa e di cultura; vi si studiava la sacra scrittura, considerata come base di ogni conoscenza, e poi di tutti gli altri elementi del sapere. Le religiose erano ragazze colte: d’altronde l’entrare in convento era la via normale per le donne che volevano approfondire le proprie conoscenze al di là del livello corrente. Solo le donne d’alto lignaggio e le monache possono leggere e scrivere. Successivamente l’accesso alla scrittura e lettura verrà esteso a tutte, ma il contenuto sarà sempre religioso. In questo modo anche la lettura diviene uno strumento di custodia per sconfiggere l’ozio ed edificare l’anima. Le badesse poste a capo del monastero erano autentici signori feudali e amministravano, anche da un punto di vista economico, vasti territori che includevano anche villaggi o parrocchie, come vere e proprie ‘manager’.